LONGEVITà, CHE COSA CI RIVELANO I CERVELLI E GLI STILI DI VITA DEI SUPER CENTENARI

Secondo le stime delle Nazioni Unite alla fine del 2021 oltre 621 mila persone nel mondo avevano raggiunto i 100 anni. Nel 1990 solo 92 mila persone avevano raggiunto questo traguardo. Gli esperti pensano che entro la fine del decennio gli ultracentenari raggiungeranno il milione.

I record di longevità (tutte donne)

Ad oggi, la persona più longeva di tutti i tempi di cui si ha notizia certa ( con qualche recente dubbio) è stata Jeanne Calmet de Frances, morta nel 1997 all’età di 122 anni. Ufficialmente è lei l’unico essere umano ad aver vissuto oltre i 120 anni. Condusse una vita estremamente attiva, cominciò a tirare di scherma all’età di 85 anni, giocava a tennis e a 100 anni andava ancora in bicicletta. Con lei altre 27 donne nel mondo hanno superato i 115 anni. Nel gennaio scorso si è spenta all’età di 118 anni Suor Andrè, che aveva ereditato il titolo di «decana dell’umanità» nell’aprile 2022 dopo la morte di Kane Tanaka, una donna giapponese che era arrivata a 119 anni. Gli e sperti dell’Università di Washington affermano che potrebbero a breve esserci persone che spegneranno 125 o addirittura 130 candeline sulla torta di compleanno.

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Come è cambiata l’aspettativa di vita

Medicine, cibo, condizioni di vita migliori hanno allungato l’aspettativa di vita rispetto ai nostri antenati. In media (a livello globale) una persona nata nel 1960 poteva aspettarsi di vivere circa 52 anni. Oggi, a livello planetario il valore medio è di poco sopra i 73 anni, con un quadro molto diverso da paese a paese (si va dagli 85 anni del Giappone ai soli 54 della Repubblica Centroafricana mentre l’Italia è 5° posto al mondo con una media di 84 anni). Ma la verità è che raggiungere i 100 anni non è cosa da poco: secondo i dati Onu nel 2021 solo lo 0,008% ha spento le 100 candeline. Inoltre un conto è arrivare a 100 anni in salute, un altro è trascorrere gli ultimi anni di vita afflitti da malattie croniche che necessitano di cure continue.

I racconti dei longevi (non sempre da seguire)

La longevità è in generale un lusso per pochi. E vivere a lungo in salute lo è ancora per meno. Ciclicamente i giornali ci raccontano le abitudini personali dei centenari per carpire i loro segreti. Quasi tutti mostrano gioia di vivere, interessi per passatempi come suonare il piano, fare teatro o giardinaggio, sentirsi giovani, vivere lontani dalle città. Per qualcuno l’elisir di lunga vita è consumare un cucchiaio di miele al giorno, altri attribuiscono al gazpacho, la zuppa fredda di pomodori, cetrioli e peperoni tipica dell’Andalusia il segreto della longevità. Non sempre però i centenari sono un esempio di buona pratica sanitaria. Josefa Maria da Conceicao, ad esempio, super centenaria che affermava di aver raggiunto 120 anni (è morta nel febbraio 2023 e il suo certificato di nascita non è stato convalidato) ha fumato per la maggior parte della sua vita ed è cresciuta in povertà nel Nord-Est del Brasile, una regione socialmente depressa. Uno studio del 2011 basato su questionari pubblicato sul Journal of the American Geriatric Society su oltre 400 americani di età pari o superiore a 95 anni ha rilevato un’abbondanza di cattive abitudini. Quasi il 60% delle persone studiate erano fumatrici, la metà di loro era stata obesa per la maggior parte della vita e solo il 3% era vegetariana, oltre al fatto che molti non facevano nemmeno alcun tipo di esercizio. Alcuni supercentenari sembrano infatti capaci di difendersi dall’usura che affligge le persone nel corso della vita.

«La prima cosa che dobbiamo dire alle persone interessate a vivere così a lungo è di non seguire i consigli stravaganti sullo stile di vita di alcuni centenari o supercentenari che si vantano di bere e fumare» ha affermato alla Bbc Richard Faragher, professore di biogerontologia all’Università di Brighton, nel Regno Unito uno dei massimi esperti nello studio di invecchiamento. Certe cattive abitudini infatti non possono che accorciare la vita delle persone «normali» non protette dalla genetica che, secondo numerosi studi incide almeno per il 25% sulla longevità.

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Supercentenari acuti e resilienti

L’aspetto curioso è che buona parte delle persone che arrivano ai 100 anni lo fanno con sorprendente lucidità. Sappiamo che l’invecchiamento si accompagna spesso al declino cognitivo. Cosa che non succede ai «SuperAgers», termine coniato dalla neuroscienziata Emily Rogalski e da un gruppo di suoi colleghi. «I SuperAgers - li descrive Rogalski - sono persone di età superiore agli 80 anni la cui memoria è buona come quella di persone di 20-30 anni più giovani, se non addirittura migliore». Mentre in persone «normali» le capacità cognitive iniziano a calare intorno ai 30-40 anni e arrivate a 80 anni ricordano la metà delle cose di quando di anni ne avevano 50, i SuperAgers mantengono a 80 anni la stessa acutezza mentale di un cinquantenne. Nel tempo gli scienziati hanno studiato i cervelli di queste persone particolari, hanno ascoltato le loro storie, le loro abitudini di vita. «La parola che userei per descrivere questo gruppo è resiliente» ha detto Rogalski. Molti SuperAgers hanno sopportato difficoltà, inclusa l’estrema povertà, hanno perso la famiglia in tenera età o sono sopravvissuti ai campi di concentramento dell’Olocausto. I SuperAgers sono persone che tendono a mantenere relazioni sociali forti e positive. Si interessano a tutto quello che c’è di nuovo, chiedono ai nipoti di raccontare loro i propri interessi e cercano di stare al passo con la modernità. Di sicuro non ignorano il primo cantante in classifica, senza però dimenticare Frank Sinatra.

Che cosa rende speciale il cervello di un SuperAger

Ma che cosa c’è di speciale nel cervello dei Super centenari? Le loro menti rimangono eccezionali fino a tarda età, come la mente lucida e brillante di Henry Kissinger che da poco ha compito 100 anni. Gli scienziati negli anni sono riusciti a studiare il cervello degli ultracentenari grazie al fatto che queste persone si sono prestate a essere sottoposte a test ed esami ed alcuni di loro hanno anche donato il loro corpo alla scienza dopo la morte. Sappiamo che con l’età il cervello normalmente si restringe, specialmente nella corteccia. Non è così per i SuperAgers: i loro cervelli appaiono più giovani nelle aree implicate nella memoria e nelle capacità esecutive. Nella corteccia cingolata anteriore , una regione cerebrale frontale importante per molte funzioni cognitive, tra cui l’attenzione e la memoria, i SuperAgers avevano uno strato corticale più spesso rispetto agli ultraottantenni cognitivamente normali e persino ai cinquantenni. I SuperAgers hanno anche neuroni più grandi e più sani nella corteccia entorinale , un’altra area del cervello critica per la memoria, rispetto anche a persone più giovani di 20-30 anni. I SuperAgers presentano un’abbondanza di speciali cellule neuronali, i neuroni di von Economo (noti anche come neuroni fusiformi), particolarmente coinvolti nelle relazioni sociali e nei processi decisionali. Studi suggeriscono che i neuroni di von Economo sono da quattro a cinque volte più densi nella corteccia cingolata anteriore dei SuperAgers rispetto ai normali ottantenni e persino degli individui più giovani di decenni. Allo stesso tempo, i cervelli SuperAgers sembrano avere una protezione aggiuntiva contro i segni biologici dell’Alzheimer, con meno placche di beta amiloide, condizione tipica della malattia neurodegenerativa.

Come vivono i centenari nelle «zone blu»

E chi non ha vinto alla lotteria genetica? È possibile ambire a una longevità in salute con un cervello attivo e acuto fino alla fine? Tutti in realtà possiamo allungare la durata della nostra salute cognitiva e fisica facendo attenzione all’ambiente in cui si vive, alla dieta, all’esercizio fisico. Molti supercentenari devono dire grazie alla genetica, ma sulla longevità incide molto anche lo stile di vita. «Non è mai troppo tardi per cambiare in meglio: studi dimostrano che anche se si inizia a migliorare la propria dieta solo dopo la mezza età, si può comunque aggiungere un decennio o più alla propria aspettativa di vita» dice il divulgatore scientifico e saggista Dan Buettner, che è andato a vedere che cosa hanno in comune le popolazioni più longeve della terra, le cosiddette cinque zone blu dove c’è un alto tasso di centenari e ultracentenari. Una di queste è proprio in Italia, in provincia di Nuoro: nella Barbagia di Seulo si trova la più alta concentrazione di centenari del mondo. Dan Buettner ha analizzato con un gruppo di medici, antropologi, demografi ed epidemiologi le popolazioni locali e ha trovato che hanno 9 cose in comune. Dalle loro abitudini possiamo prendere qualche spunto.

1. Si muovono in modo naturale. «Non si allenano, non corrono maratone e non si iscrivono in palestra. Vivono invece in ambienti che li spingono costantemente a muoversi senza pensarci. Coltivano orti e non hanno comodità meccaniche per i lavori in casa e in giardino» scrive Buettner. Inoltre passano molto tempo all’aperto in ambienti poco inquinati.

2. Danno un senso alla loro vita. «Gli okinawani lo chiamano “Ikigai” e gli abitanti di Nicoyan “plan de vida”; per entrambi si traduce in “perché mi sveglio la mattina”. Conoscere il senso della propria esistenza vale fino a sette anni in più di aspettativa di vita» secondo Buettner.

3. Sanno ridurre la velocità. «Anche le persone che si trovano nelle zone blu soffrono di stress. Lo stress porta all’infiammazione cronica, associata a tutte le principali malattie legate all’età. Ciò che le persone più longeve del mondo hanno rispetto a noi sono le routine per eliminare lo stress». Gli abitanti di Okinawa si prendono qualche momento ogni giorno per ricordare i loro antenati, gli avventisti pregano, gli ikariani fanno un pisolino e i sardi fanno l’happy hour. Tutte hanno inoltre un approccio rilassato al lavoro.

4. Mangiano con moderazione. Buettner la chiama la regola dell’80%: smettere di mangiare quando lo stomaco è pieno all’80%. «Lo scarto del 20% tra l’assenza di fame e la sensazione di sazietà può fare la differenza tra perdere peso o aumentarlo. Le persone che si trovano nelle zone blu consumano il pasto più piccolo nel tardo pomeriggio o nella prima serata e poi non mangiano più per il resto della giornata». La colazione (o il pranzo) è solitamente il pasto più importante. Consumare la maggior parte delle calorie nella prima parte della giornata asseconda i ritmi circadiani, l’orologio innato dell’organismo, e fa sì che il corpo le metabolizzi meglio, evitando l’accumulo di grassi e i picchi di zucchero.

5. Consumano molti legumi. Tutte le popolazioni delle zone blue hanno una dieta semivegetariana particolarmente ricca di legumi. «Il 95% delle calorie proviene da vegetali e solo il 5% da prodotti animali» spiega Buettner. «I fagioli, compresi le fave, la soia e le lenticchie, sono la pietra miliare della maggior parte delle diete dei centenari. La carne, soprattutto quella di maiale, viene consumata in media solo cinque volte al mese e la dose è grande quanto un mazzo di carte». Le diete delle zone blu sono anche ricche di noci, mandorle, pistacchi, nocciole e anacardi o altri tipi di semi simili.

6. Bevono (moderatamente) vino ed evitano il tabacco.«Gli abitanti di tutte le zone blu (tranne gli avventisti) bevono alcolici con moderazione e regolarità. Il trucco è bere 1-2 bicchieri al giorno (preferibilmente di vino Cannonau sardo), con gli amici e/o con il cibo. E no, non si può risparmiare per tutta la settimana e bere 14 bicchieri il sabato» scrive Buettner. Il Cannonau è ricco di antiossidanti.

7. Coltivano il senso di appartenenza. La quasi totalità dei centenari studiati da Buettner ha un qualche tipo di fede. «La confessione non sembra avere importanza. Le ricerche dimostrano che frequentare i servizi religiosi quattro volte al mese aggiunge 4-14 anni di aspettativa di vita» spiega.

8. Hanno relazioni affettive significative. «I centenari nelle zone blu mettono la famiglia al primo posto. Ciò significa mantenere i genitori e i nonni anziani nelle vicinanze o in casa (questo riduce anche i tassi di malattia e di mortalità dei bambini in casa). Si impegnano con un partner (cosa che può aggiungere fino a 3 anni di aspettativa di vita) e investono nei loro figli con tempo e amore» afferma Buettner.

9. Vivono in comunità che favoriscono comportamenti sani. «Le persone più longeve al mondo hanno scelto, o sono nate, in circoli sociali che sostengono comportamenti sani; gli abitanti di Okinawa creano “moais”, gruppi di cinque amici che si impegnano l’uno con l’altro per tutta la vita» scrive.

https://www.bbc.com/mundo/noticias-62088962

https://www.washingtonpost.com/wellness/2023/04/13/superagers-brain-cognition-dementia-longevity/

https://www.corriere.it/salute/nutrizione/23_febbraio_22/longevita-come-vivono-centenari-zone-blu-9-cose-comune-3632d63c-b283-11ed-ab25-c6bbd9a5a3ea.shtml

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