CONQUISTARE LA LONGEVITà CEREBRALE

Nella sua ultima intervista a 101 anni, Rita Levi Montalcini - neurobiologa premio Nobel per la medicina - dimostra una lucidità rara. Una mente eccezionale la sua, certo. Ma come lei, molti altri SuperAgers "comuni", neologismo che racchiude la categoria degli anziani che hanno superato gli ottant'anni, ha manifestato una chiarezza di pensiero che conferma quello che si sta studiando ormai da tempo, ovvero che tutti possiamo mantenere il cervello giovane anche in tarda età. E la cosa ci riguarda da vicino perché - stando ai dati - sfiorare i 100 non è un miraggio: già negli ultimi 30 anni i centenari sono passati da 62 a 672 di cui l'86% donne, e si stima che entro il 2050 gli anziani a tre cifre saranno 3.676.000 concentrati tra Cina, Giappone, Stati Uniti, India e Italia. La sfida dei prossimi anni non sarà più quindi contro il tempo, bensì a favore di una maggiore qualità della vita in tarda età, soprattutto dal punto di vista mentale: «Il cervello ha la capacità di riarrangiare i contatti tra neurone e neurone fino all'ultimo istante di vita. E fino ad allora, è in grado di imparare nuove cose. Avere un cervello giovane anche in tarda età è alla portata di tutti, purché si inizi a prendersene cura da giovani», spiega il professor Alessandro Padovani, Direttore Clinica Neurologica Università di Brescia e nuovo Presidente della Società Italiana di Neurologia. «Perché contrariamente a quanto si pensava un tempo, in età avanzata non si assiste a una perdita di neuroni, bensì a un loro restringimento e a una diminuzione delle connessioni, mediamente 10 mila per ogni neurone, responsabili della capacità di rispondere agli input della vita. Questo non vuol dire che un cervello anziano sia meno performante: rispetto a un cervello giovane multitasking, quello anziano ha imparato a selezionare meglio le risposte avvalendosi dell'esperienza pregressa».

Questa capacità però deve essere costantemente allenata per compensare il calo delle capacità cognitive che inizia attorno ai 30 anni, e la ricetta della longevità cerebrale è multifattoriale: «La qualità dello stile di vita è l'elemento trascinante di un cervello in salute: l'alimentazione ha un ruolo fondamentale. Un altro fattore che dovremmo tenere altamente in considerazione è la qualità del riposo soprattutto per il pubblico femminile. Oggi sempre di più si ritiene che ogni igiene del sonno nelle persone che dormono meno di 6 ore è fortemente correlata a uno stato di salute anche mentale», dice Padovani. «Ma il fattore determinante riguarda le relazioni sociali: la socializzazione incrementata anche attraverso i social rappresenta uno stimolo straordinario per il cervello. Abbiamo visto come invece l'isolamento e la solitudine siano elementi che compromettono la nostra resilienza biologica: una persona con poche relazioni sociali positive tende ad avere un'alterazione dei sistemi di difesa immunitaria e questo può portare allo sviluppo di malattie croniche, tra cui l'Alzheimer. Vi sono evidenze scientifiche che dimostrano una forte correlazione tra resilienza all'invecchiamento cerebrale e scolarizzazione, formazione continua e lavoro in età avanzata. Diversi studi dimostrano che una vita ricca di interessi e attiva dal punto di vista intellettuale e professionale contribuisca a mantenere una mente flessibile perché sempre aggiornata. Il cervello ha infatti una riserva cosiddetta cognitiva o riserva cerebrale e si è osservato che nel caso si sviluppi una malattia come l'Alzheimer questa abbia un decorso meno aggressivo. Mantenersi acculturati vuol dire quindi creare un tesoretto che mantiene il cervello elastico e in salute. È fondamentale quindi suggerire di coltivare interessi e raccomandare la scolarizzazione e la formazione continua a tutte le età».

Recenti studi hanno poi sfatato il detto "tutto muscoli e poco cervello": l'esercizio fisico infatti avrebbe come vantaggio collaterale quello di favorire la moltiplicazione delle connessioni neurali e quindi di amplificare le capacità intellettuali: «Per attività fisica non intendiamo necessariamente la palestra, ma anche il movimento libero, come una passeggiata, meglio ancora se svolto in compagnia. Bisogna sapere infatti che le cellule muscolari hanno un'azione attivante sui neuroni. Negli anziani si sviluppa spesso una condizione di debolezza muscolare chiamata sarcopenia che informa il cervello dello stato di inattività, che di conseguenza spegne progressivamente la connessione tra l'area muscolare e neuronale. Il movimento è quindi essenziale a tutte le età, anche perché stimola la produzione di endorfine, sostanze chimiche con attività analgesica ed eccitante che hanno un effetto neurotrofico sul cervello attraverso il cosiddetto Fattore Neurotrofico Cerebrale: sempre più studi dimostrano per esempio che la terapia antidepressiva ha una maggiore possibilità di successo se abbinata all'attività motoria. Alcuni studi basati su risonanze magnetiche evidenziano che le persone attive hanno un cervello metabolicamente più reattivo. E altri ancora che dimostrano che l'attività fisica combinata alla dieta mediterranea - grande patrimonio del nostro Paese che non a caso conta nel mondo molti centenari - aumenta significativamente la nostra resistenza all'invecchiamento. La longevità cerebrale è quindi alla portata di tutti». E ogni giorno è buono per mantenersi allenati alla vita.

La foto in apertura è di Danica Thomas (@analogdanica) e rappresenta il monte Rainier nello Stato di Washington. «Cerco sempre di incorniciare le mie foto con qualche elemento in primo piano, ma mi trovavo in un campo e non avevo molte opzioni», ha detto l'artista statunitense che scatta in analogico. «Così ho pensato che il segno di okay con la mano potesse essere una cornice interessante».

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